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Medioevo italiano. I film del 2001 - Il Medioevo di Ermanno Olmi


  Won 9 David di Donatello: Best Cinematography, Best Costume Design, Best Director, Best Editing, Best Film, Best Music, Best Producer, Best Production Design, Best Screenplay - Won 3 Silver Ribbon, Italian National Syndicate of Film Journalists: Best Cinematography, Best Costume Design, Best Production Design - Won 3 Awards Flaiano Film Festival: Best Cinematography, Best Costume Design, Best Film - 2 Nominations European Film Awards: Best Cinematographer, Best Director - 1 Nomination Golden Palm, Cannes Film Festival - 1 Nomination Silver Ribbon, Italian National Syndicate of Film Journalists: Best Director - 1 Nomination Golden Frog, Camerimage

Il mestiere delle armi

2001, regia di Ermanno Olmi

 

 

Scheda: Nazione: Italia-Francia-Germania - Produzione: Cinema Undici, Rai Cinema, StudioCanal, Taurusprodktion - Distribuzione: Mikado Film - Soggetto: Ermanno Olmi - Sceneggiatura: Ermanno Olmi - Fotografia: Fabio Olmi - Montaggio: Paolo Cottignola - Scenografia: Luigi Silvio Marchione - Costumi: Francesca Sartori - Musiche: Fabio Vacchi - Effetti speciali: Fabio Traversari - Formato: Color - Durata: 105' (120').

Cast: Hristo Jivkov, Sergio Grammatico, Dimitar Ratchkov, Dessy Tenekedjieva, Sandra Ceccarelli, Sasa Vulicevic, Aldo Toscano, Paolo Magagna, Giancarlo Belleli, Nikolaus Moras, Maurizio Zacchigna, Paolo Roversi, Claudio Tombini, Franco Palmieri, Fabio Giubbani, Francesca Lonardelli, Michele Zattara, Vittorio Corcelli.


 


 

 

 

 

Trama e commenti: cinematografo.it - kataweb.it - mymovies.itcentraldocinema.itcinefile.bizoffscreen.itgodotnews.comrevisioncinema.comtempimoderni.combulgaria-italia.comfilm.spettacolo.alice.it: «La nebbia, il freddo, la neve del novembre del 1526. I Lanzichenecchi di Carlo V, imperatore degli Alemanni, comandati da Zorzo Frundsberg, marciano verso Roma e Joanni de' Medici, capitano di un'armata pontificia, ritarda l'avanzata e si oppone al nemico con i suoi uomini dalle armature brunite - dalle bande nere - per colpire meglio nel buio, all'improvviso, con audacia e intuito tattico. La guerra è un lavoro, una professione (il denaro per i soldati consente ai capi di avere prestigio, autorevolezza e una fragile forma di fedeltà), una vocazione (il pensiero della morte non sfiora la filosofia dell'esistenza), uno strumento della politica (sotterfugi, doppio gioco, voltafaccia e menzogne degli alleati), un laboratorio di tecnica bellica (dalle spade, dalle lance, dagli archibugi ai falconetti, nuovissime bombarde capaci di colpire i soldati avversari con palle da due libbre). Il mestiere delle armi, il magnifico film di Ermanno Olmi, racconta gli ultimi giorni di vita di Joanni de' Medici e la trasformazione epocale della tragica arte della guerra. Nelle folgoranti inquadrature si impastano i ritmi e gli scenari maestosi della natura, spogliata dal tardo autunno, e le colonne degli uomini in marcia; le scene di massa, filmate con ammirevole sensibilità per lo spazio e per il movimento, e scene di solitudine, di veglia, di lettura, di attesa, di ricordo (della moglie e del figlio) e di mestizia (l'amore per la nobildonna di Mantova interpretata da Sandra Ceccarelli). Il regista coglie, grazie ad uno stile purissimo, uno dei segreti di un mondo e di un secolo, il Cinquecento, in cui le azioni cominciano ad entrare in conflitto con i pensieri e il Rinascimento aspetta Cartesio e trema per la scienza delle armi».

Plot Summary, Synopsis, Review: IMDb - entertainment.msn.comculturalianet.comfilmfestivals.comfilmitalia.orgdelphl.cec.eu.inttodocine.comcinestrenos.commovies.yahoo.comvariety.com: «A rigorous account of the final days in the life of Giovanni De Medici, who embraced his role as a soldier with an almost religious devotion and fervor, The Profession of Arms is veteran Italian director Ermanno Olmi's most accomplished and cogent work in years. Demanding, difficult and almost impenetrable at first due to its dense salvo of historical figures and events, this atmospheric drama slowly evolves into a fascinating character portrait and a deeply humanistic meditation on war and death. Olmi's eloquent Renaissance apologia for gun control is unlikely to make Charlton Heston's top 10 and is too inaccessible even for the normal foreign film crowd, but might find admirers at the extreme high end of the arthouse niche. A legendary warrior despite his young age, Giovanni (referred to here in old Italian as Joanni) had his troops blacken their armor to advance unseen by night, earning them the name of the Black Band. Opening with the funeral in 1526 of 28-year-old Giovanni (Bulgarian newcomer Hristo Jivkov), the drama backtracks one week to chronicle his mission as leader of the Papal mercenary army that provided the final protective barrier between his uncle, Pope Clement VII, and the advancing German lansquenet forces of Charles V. With Italian liberty careening toward an end, political confusion was accelerating and loyalties were severely compromised. As a result of this chaos, Giovanni's call for reinforcements and weapons fell on deaf ears...» (David Rooney).

Approfondimenti: Movie Review

Trailer 1

              

Conosciuto anche con i titoli: Le Métier des armes; Der Medici-Krieger; Profession of Arms.

      

Scheda filmica di Victor Rivera Magos nel volume virtuale Immagini del Medioevo nel cinema - I classici

Il castello delle ombre: La recensione di Vito Attolini

Seconda visione: Divagazioni. Le armi da fuoco e la fine del mondo, di Gaetano Pellecchia

La recensione di Stefano Latorre in "Le altre recensioni"

Intervista a Ermanno Olmi: (Valeria Chiari, dal sito filmup.com)

Dopo sei lunghi anni di lontananza dal cinema, Ermanno Olmi torna con un film storico, che come ammette lui stesso, racconta del mestiere delle armi ma che allude in realtà al mestiere di vivere e ovviamente a quello di morire. Sorride con amabilità e risponde con la stessa calma e ponderatezza del suo Giovanni de' Medici.

Cosa l'ha spinta a voler raccontare la storia di Giovanni?

Giovanni dalle Bande Nere era un figura considerata feroce alla sua epoca: spesso questo accade a causa della specificità di un mestiere, in questo caso quello delle armi, che si vuole crudele e spietato. Potrebbe essere indubbiamente il caso di Giovanni che però crescendo nel suo grado militare arriva a modificare e a far crescere anche i suoi valori umani, diventando un personaggio con un forte senso dell'onore, e non solo rispetto alla sua professione di soldato ma anche nei confronti della sua famiglia. Non è mai un eroe ambiguo, anzi è un vero eroe perché è grande.

Lei sembra innamorato di questo guerriero.

Si, mi piace molto infatti perché è un uomo che muore come è vissuto, affronta la morte allo stesso modo in cui affronta la guerra e nello stesso modo in cui comandava le sue truppe: non perché aveva il grado per farlo, ma perché ne aveva l'autorevolezza. Intuisce che con la morte non deve farsi grande, ma al contrario più piccolo, per essere alla pari. Non si può affrontare la morte con arroganza bisogna riuscire sempre a mostrare a se stessi e agli altri di sapere fare i conti da solo. Chi è passato vicino a questa esperienza capisce cosa significa.

Ha pensato a lungo a questa storia prima di realizzarla?

Non precostituisco mai un argomento preciso per un film. Al contrario cerco di dimenticarmi il più possibile di me stesso, mi libero di tutto ciò che è precostituito, perché potrebbe diventare un limite. In questo modo può capitare che un frammento di qualcosa, un idea, un immagine, un pensiero, assuma lentamente un determinato aspetto attirando a sé altri frammenti fino a formare una specie di grumo dal quale alla fine l'idea prende forma. Anche questo film è nato così.

Ha scelto una musica molto particolare che ricorda quella di quei tempi ma non è l'originale?

Per questo film ho ascoltato moltissime musiche degli inizi del XVI secolo che segnano gli umori dell'epoca. Ma io volevo piuttosto evocare il passato, anche rielaborandolo. La ragione dell'evocazione sta nella coincidenza con il passato. Volevo raccontare il passato ma anche ciò che sono i miei sentimenti di oggi. Anche con la pittura, che Giovanni spesso guarda dal suo letto di morte, ho fatto la stessa cosa: ho cercato l'evocazione attraverso una miscela di immagini, e non nella precisione artistica e storica dell'arte.

Con quale emozione si avvicina a Cannes di quest'anno?

A 70 anni si è molto diversi dai 40 o dai 20. A 20 anni si entrava in una festa si cercava la bella che diventava subito la Palma d'Oro. Ci si metteva in gara. Ora a 70 vado alla festa per la festa. Il tempo delle gare è passato, grazie a Dio comincia il tempo delle feste.

Nel film uno dei personaggi dice "Le armi cambiano le guerre, ma le guerre cambiano il mondo". Lei pensa sia davvero così?

Si purtroppo è proprio questo il guaio: per cambiare il mondo e le persone ci vogliono le guerre. Dopo aver vissuto una guerra le persone sono migliori. Non si sa per quanto tempo ma sono migliori. Non capisco perché per diventare uomini abbiamo bisogno ancora delle guerre.

Da cosa è stata dettata la scelta di un linguaggio non italiano né precisamente cinquecentesco?

La prima stesura del copione aveva tutti i dialoghi in italiano arcaico rigoroso. Ma è stato nel momento del confronto con gli attori che si è sviluppata la trasformazione di quel linguaggio in qualcosa di più comprensibile e facilmente ripetibile. Sono stati loro a trovare una via di mezzo. Una rielaborazione evocativa anche quella.

   

   


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