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                                      Il castello delle ombre      a cura di Vito Attolini

Le recensioni di Vito Attolini

Jeanne d'Arc

Interpreti: Milla Jovovich, John Malkovich, Vincent Cassell, Fay Dunaway, Dustin Hoffman – Francia, 1999

 

   

Nonostante i raptus religiosi di cui è preda fin da giovanissima età - incontri celesti nel fitto dei boschi, baluginare accecante di luci che attraversano d'improvviso il cielo - non s'è mai vista a cinema una Giovanna d'Arco più terrena di quella impersonata in questo film da Milla Jovovich, tanto che lo spettatore resta sorpreso dalla notizia della sua (piuttosto recente) canonizzazione, cui si accenna nella didascalia finale. Forse sarà perché immaginiamo l'attrice più a suo agio come creatura avveniristica (vedi Il quinto elemento) o come cover girl di lusso che con personaggi come quello della Pulzella, anche se qui - ma è il massimo che abbia fatto per dar vita alla sua Giovanna - non ha esitato a imbrattarsi di sangue il bellissimo volto "postmoderno" per rendere credibile la sua partecipazione alle cruente battaglie, prima fra tutte quella combattuta durante l'assedio di Orléans: coraggio professionale encomiabile, anche se non sufficiente per esorcizzare l'ombra delle numerose, grandi attrici del passato che nel corso della storia del cinema hanno impersonato la Pulzella, ultima delle quali Sandrine Bonnaire, rimarchevole protagonista del mastodontico film di Jacques Rivette di qualche anno fa - Giovanna d'Arco (1994) - un'eccellente opera cinematografica che potrebbe essere utilizzata anche come testo scolastico di storia, come è stato autorevolmente detto.

Alla santità della sua missione la Giovanna di Luc Besson non deve credere molto: quando sul finire dei suoi (pochi) giorni colloquia nel carcere col suo immaginario alter ego (incarnato magistralmente da Dustin Hoffman), il dubbio che a guidarla sia stata la sua eccitata fantasia di contadinella analfabeta piuttosto che le voci celesti che ella ha sempre affermato di seguire è apertamente insinuato. Ancora, in una delle sequenze all'inizio del film, nel corso di una atroce scorreria della soldataglia inglese nel suo villaggio natale di Domrémy, durante la terribile Guerra dei Cento anni, la piccola Giovanna assiste, non vista, all'uccisione della sorella maggiore e all'empio stupro sul suo cadavere. A questo punto è abbastanza legittimo pensare che a spingerla dieci anni dopo alla lotta contro gli inglesi per consentire la salita al trono del Delfino e per liberare la Francia dall'oppressore del nemico abbia avuto la sua parte anche questo episodio, il suo inconfessato desiderio di rivalsa (o di vendetta).

 

I fatti rievocati dal film di Luc Besson sono arcinoti: dalla partenza dal suo villaggio della diciannovenne Giovanna per l'incontro a corte col futuro Carlo VII al fine di ottenere da lui l'assenso per la missione di guerra, cui ella afferma di essere stata chiamata per volere celeste, alla liberazione di Orléans dall'assedio degli inglesi e all'incoronazione di Carlo come re di Francia, alla cattura infine e al processo cui viene sottoposta dopo essere stata abbandonata alla sua sorte dal Re, in ossequio alla ragion di Stato. Fino al compimento del suo destino, concluso la mattina del 30 maggio 1431 sulla piazza di Rouen, dove venne bruciata viva come eretica.

Le vicende sono rispecchiate con sufficiente approssimazione ma con larghi tagli, resi necessari dall'impostazione conferita al film da Luc Besson: che non è tanto attento al contesto storico, cui fa riferimento con eccessiva stringatezza, quanto a disegnare il ritratto di un'eroina fra impulsi barricaderi e ribellismo giovanile, quest'ultimo indirizzato soprattutto verso la stessa autorità che ne aveva legittimato le straordinarie imprese. Immagine quindi al passo coi (nostri) tempi, che si sovrappone a quella della vera Giovanna storica. La coscienza della Giovanna bessoniana, appena sfiorata dalla complessità del gioco politico di cui è divenuta indifesa pedina, vacilla solo un poco nella solitudine della prigionia, prima che il Tribunale ecclesiastico - guidato dall'infido vescovo Cauchon - il migliore fra i personaggi tratteggiati dal film - palleggiandosela con gli inglesi cui poi è "venduta", la condannasse definitivamente al rogo.

In uno stile che fonde, talvolta felicemente, la magniloquenza delle ricostruzioni storiche ai toni perfino dimessi del quotidiano e del casuale, il film di Besson è un grosso spettacolo pieno di movimento e azione, con un ampio e furente capitolo centrale, che ne occupa buona parte della durata, sulla battaglia per la liberazione di Orléans dall'assedio inglese, in cui anche qualche slittamento di tipo orrorifico trova le sue ragioni (sangue per ogni dove, teste mozzate). Un film, quindi, a metà strada fra il kolossal hollywoodiano e il più spregiudicato modello europeo di film storico, scenograficamente sfarzoso e con grandi scene di masse. Nonché con un cast d'alto bordo che, insieme col citato Hoffman comprende una fredda e astuta Faye Dunaway, come Iolanda d'Aragona, suocera del Delfino impersonato da John Malkovich, e, insieme a tanti altri, Vincent Cassel e Christian Gregory.

   

LA SCHEDA DEL FILM

  L'«altra» recensione: di Gaetano Pellecchia

   

   

©2003 Vito Attolini; recensione pubblicata in "La Gazzetta del Mezzogiorno"

   


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