Sei in: Cinema e Medioevo ® Le altre recensioni

Le «altre» recensioni

di JONATA FULVIO CANNITO


La leggenda del Re Pescatore

(The Fisher King)

di Terry Gilliam, 1991

 

LA SCHEDA DEL FILM

   

New York: Jack Lucas, conduttore di una rubrica radiofonica, tratta le persone che si rivolgono a lui con fredda disinvoltura e con finta partecipazione umana. Un suo commento negativo circa la clientela "yuppie" che frequenta un ristorante alla moda della città, scatena la follia di un suo ascoltatore, uno psicopatico che, imbracciato un fucile, fa strage nel locale. Perso il posto per il conseguente contraccolpo psicologico e d'immagine, Jack ora convive con Anne Napolitano, proprietaria di un video shop, ed è ossessionato dal senso di colpa. Trasandato e ubriaco si aggira per le strade di New York finché due teppisti tentano di dargli fuoco. Lo salva Parry, un ex professore di storia medievale, che vive come un barbone in un mondo fantastico, popolato da castelli, cavalieri rossi e dame in pericolo. Egli è convinto che in un palazzetto del centro, la copia hollywoodiana di un maniero medievale, sia custodito il Santo Graal che potrà purificare l’uomo.

Partendo dalla trama del film, si può notare come il regista, Terry Gilliam, proteso verso una matrice di natura post-moderna e profondamente introspettivo, metta a confronto elementi tra loro in antitesi, quali l’antico e il moderno, il bello e il brutto, il buono e il cattivo incentrando tutto il film sull’analisi parallela di due società storicamente distinte tra loro, quella contemporanea e quella medievale, le quali però, in gran parte dei loro aspetti, quali l’indifferenza per i più poveri, l’individualismo o l’edonismo, sono capaci di fondersi come un'unica entità socio-culturale.

Tutto ciò è facilmente individuabile a partire dalle figure dei personaggi principali del film, ad esempio quella di Jack Lucas, il quale rappresenta a pieno un individuo ricorrente nel "ciclo arturiano" (insieme delle leggende e miti celtici, in particolar modo quelli riguardanti re Artù e i cavalieri della Tavola Rotonda) ovvero il Re Pescatore, discendente di Giovanni d’Arimatea, un sovrano che porta in sé una profonda ferita ( he ha la connotazione di una punizione per i peccati commessi in passato). Jack, famoso disc jockey, a causa della propria superficialità ed arroganza, sarà responsabile indirettamente dell’uccisione della moglie di Parry, altro protagonista del film; egli porta con sé un senso di colpa, una lacerazione dell’anima che gli fa perdere il significato profondo della vita. Tale ferita è presente nelle immagini della stessa società senza scrupoli ed indifferente nella quale si svolge la vicenda, l’odierna e caotica New York, “grande meretrice”, luogo di perdizione nel quale tutti i peccati s’infrangono.

Con gli occhi del regista, il quale si rifà all’opera Terra Desolata di T.S. Eliot ( in cui viene descritta una realtà territoriale sterile e fatale che devono attraversare i cavalieri per arrivare al Graal), questa città racchiude in sé non solo elementi contemporanei e frenetici, quali l’ossessione per il lavoro e i ritmi scanditi e caotici dei suoi abitanti, ma anche elementi medievali come la presenza, al centro della metropoli, di un castello, anacronistico anche architettonicamente, roccaforte inespugnabile e custode immutabile del Sacro Graal, simbolo della Grazia Divina ed oggetto perseguito da Parry.

Quest’ultimo, personaggio fondamentale del film, ex docente di storia medievale, divenuto barbone a seguito della morte della moglie avvenuta nella stessa circostanza in cui l’esaltato ascoltatore di Jack uccide nel locale alla moda diversi frequentatori, questi diviene colui che può al meglio rappresentare un altro personaggio del ciclo arturiano: Parsifal, cavaliere della Tavola Rotonda, colui che riesce a vedere realmente il Graal e che, attraverso una “ purificazione”, il trauma causato dalla perdita della moglie, diviene figura che incarna tutti gli ideali e valori cavallereschi medievali: coraggio, senso dell’onore, devozione a Dio, e amore verso una donna. Ricordiamo infatti, ad esempio, la visione dell’amore per il gentil sesso, che Gilliam fa identificare con Lydia, ragazza impacciata e insignificante, del quale Parry s’innamora; un amore che, nel più puro stile trovadorico, permette la descrizione della donna come fonte di elevazione e finezza spirituale, che sprona all’azione il cavaliere e lo spinge al compimento del suo dovere morale e simbolico, la ricerca del Graal, calice che raccolse il sangue di Gesù Cristo. Visione questa, del tutto aliena da quella “ sviluppata” dalla società contemporanea, in cui ella è vista come fonte di tentazione e peccato di lussuria. Ad incarnare proprio tali disvalori sarà lo stesso Jack, prima del tragico evento, con una non curanza del pensiero e del modo di fare e vivere delle donne; in seguito allo shock, attraverso forme utilitaristiche e sessuali che hanno l’obiettivo di farlo evadere dalla condizione esistenziale in cui si trova.

Il “ riscatto”, che porta ad un ritorno, ad uno stato di purezza di cuore e di animo nel nostro cavaliere, permette un’ investitura e l’ indossare i panni, in chiave contemporanea, del Don Chisciotte (eroe del romanzo di Cervantes, il quale a seguito delle letture e racconti cavallereschi, diviene folle e decide di ridar vita alla nobile istituzione della cavalleria errante, diventando lui stesso, nella sua pazzia, un cavaliere senza macchia e senza paura). Parry, il cavaliere-barbone, diviene il portatore in un mondo meschino e corrotto, insensibile ai valori, di un tentativo che mira alla creazione reale di un'epoca idealizzata e utopica, carica di valori e virtù, di una nobiltà costituita da gesti e da parole, che è possibile ritrovare solo nella letteratura cavalleresca.

La purificazione a cui è stato sottoposto Parry non è completa; il passato del protagonista ritorna in diverse scene del film, sotto le sembianze di un cavaliere diabolico avvolto da un’armatura rosso sangue, come quello della moglie, durante il tragico momento della morte. Come in ogni duello che si rispetti, i cavalieri simboleggiano le due facce della società, il bene contro il male, la follia e la consapevolezza, l’indifferenza e l’attenzione all’essere. Nelle scene più significative si verificano vari duelli tra i due paladini, momenti di fuga dalla realtà, ritorni al passato, ma in nessuno di essi c’è mai il vincitore; cavalieri che fuggono l’uno dall’altro, che si cercano perché hanno in comune il desiderio di riscatto, di ritorno alla purezza, di ritorno a Dio.

Le scene finali vedono il Re Pescatore che porta a termine la sua missione alla maniera medievale, con un ritorno al passato, e a sancirne la vittoria c’è la vita che rinasce nel magnate che tenta il suicidio e in Parry che esce dal coma.

La perenne ricerca di Dio che non ha tempo nella vita dell’uomo, è emblematicamente rappresentata dal regista nella scena finale della nudità sotto le stelle, il desiderio di tornare alle origini, alla purezza, all’essenza dell’essere...

     

    

    

  •   

  •     

    ©2011 Jonata Fulvio Cannito

        

     


      su  Le altre recensioni-Indice  Cinema e Medioevo-Indice

    Indice film