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Le «altre» recensioni

di Ida Vinella


agorà

di Alejandro Amenábar, 2009

LA SCHEDA DEL FILM

   

Alessandria d'Egitto. Anno 391 dopo Cristo. Il mondo ellenistico sta conoscendo l'apice delle sue potenzialità: una cultura cosmopolita, il diffondersi di nuove conoscenze, l'affermazione di studi scientifici sempre più accurati. Nella maestosa biblioteca del Serapeo, custode del sapere allora conosciuto, si svolgono le lezioni della filosofa Ipazia, portatrice coraggiosa di una saggezza che anticipa di molti secoli le scoperte del mondo moderno. Riesce a coinvolgere con passione i suoi studenti, fra cui lo schiavo Davo e il ribelle Oreste, entrambi innamorati da lei, e a convincerli a difendere quel sapere da loro rappresentato contro il dilagare di una cultura pagana sempre più chiusa in sé stessa e dall'avvento del cristianesimo, che come una nuvole oscurantista minaccia le ricerche in campo scientifico.

Emblema di un sapere sull'orlo dell'oblio, Ipazia lotterà ma inerme sarà costretta ad osservare la distruzione della preziosa biblioteca, mentre la setta cristiana dei Parabolani da alle fiamme l'edificio e tutti gli inestimabili volumi in papiro contenuti al suo interno. La filosofa tuttavia continuerà i suoi studi, la sua incessante ricerca, tormentata dalla teoria eliocentrica ipotizzata da Aristarco: lei guarderà il cielo, studierà le stelle, e mille anni prima di Keplero capirà il segreto delle orbite planetarie. Purtroppo il suo sapere sarà messo a tacere dall'ostilità del vescovo Cirillo, che la stigmatizzerà come eretica e la condannerà a morte.

Non è la prima volta che il cinema americano riscopre il fascino dell'Antica Grecia e si cimenta con tematiche storiche poco conosciute ai più. La storia di Ipazia viene ripresa con interessante modernità, per raccontare la storia di una donna che sfidò le convenzioni, e riflettere sull'eterno contrasto fra scienza e religione. Le sue vicende biografiche diventano metafora del mondo moderno, mentre l'occhio della telecamera si stacca dalle strade polverose di Alessandria per cogliere lo sguardo d'insieme di un pianeta silenzioso, che attraverso i secoli vive numerosi mutamenti senza mai veramente cambiare.

Esteticamente ben confezionato, Agorà si presenta al pubblico con la genuinità di un affresco storico ben calibrato e coerentemente costruito, ulteriormente impreziosito dalla solida interpretazione di una sincera Rachel Weisz. Poche altre le particolarità del film, opera piuttosto convenzionale priva di spicchi geniali, che rappresenta una battuta d'arresto per un regista come Alejandro Amenàbar che invece ha molto da dire, sicuramente un passo indietro rispetto al suo Mare dentro, premiato nel 2004 con il premio Oscar.

Un efficace tuffo in un passato lontano, che però convince solo a tratti.

   


The Twilight Saga: Eclipse

di David Slade, 2010

LA SCHEDA DEL FILM

   

«Sentii aprirsi una crepa nel mio cuore, mentre un minuscolo frammento si staccava da tutto il resto».

Un'ombra oscura si abbatte su Seattle: una serie misteriosa di omicidi, brutali e violenti: nuovi vampiri, assetati di sangue umano, sono arrivati in città. L'implacabile Victoria è ancora alla ricerca di Bella, che intanto dovrà fronteggiare due importanti situazioni: il diploma imminente, e la scelta fra Edward e Jacob.

Arriva nelle sale il terzo capitolo della fortunata Twilight Saga, trasposizione della collana di romanzi firmata da Stephanie Meyer, che continua a fare incetta di consensi fra il pubblico più giovane. In questo nuovo episodio, continuano le vicende che portano allo scontro i "vegetariani" Cullen contro i terribili Volturi, e nell'incombere di situazioni irrimediabili, si affaccerà la possibile alleanza tra vampiri e licantropi. Continua anche la storia sentimentale di Bella, costretta a destreggiarsi fra l'amore freddo e immortale del vampiro Edward, e l'affetto caldo e protettivo del licantropo Jacob.

La ricetta è sempre la stessa: sentimentalismi, mistero, battaglie, testosterone, una sorta di neoromanticismo. La saga cinematografica punta a fidelizzare i propri seguaci, mai sazi dei loro beniamini, piuttosto che provare a virare la rotta e cercare di catturare un pubblico trasversale. Le grandi tematiche di amori contrastati e guerre senza fine sono condite in salsa adolescenziale, osservate attraverso lo sguardo di Bella, fulcro emotivo della storia. Proibite le pulsioni sessuali, abbandonate le passioni laceranti dei grandi vampiri di un tempo, deposte le spade di un Dracula condottiero alla Francis Ford Coppola, i vampiri della Meyer si trasformano in ragazzini sdolcinati, quasi degli emo ante litteram, travagliati da pesanti problemi esistenziali che bloccano le loro azioni come macigni, ma che fanno palpitare in fretta i loro cuori. Una dolce favola tra prati fioriti e baci rubati alla notte, fra corpi eterei, perfetti, ma quasi irreali.

Alla regia approda l'inglese David Slade (già regista del film horror 30 giorni di buio), e tra le complessive riconferme per i ruoli principali, appare una new entry: la splendida Bryce Dallas Howard (figlia del regista Ron - Ricky Cunningam - Howard) che sostituisce la bianca Rachelle Lefevre nel ruolo della vampira Victoria. Azzeccatissime le musicalità che ravvivano una sceneggiaturapiuttosto scialba, su tutte, le note struggenti dei Muse, che suonano per questo episodio "Neutron Star Collision".

Un fenomeno che non smette di crescere a dismisura, un universo - quello di Twilight - che sicuramente mai deluderà i suoi numerosissimi fan..

   


Harry Potter e i doni della morte: parte I

di David Yates, 2010

LA SCHEDA DEL FILM

   

Nulla è più come prima nella terra della magia. Dopo la morte di Silente il potere del male avanza e Voldemort - il signore oscuro - conquista maggiore potere facendo forza sui suoi seguaci all'interno del Ministero. Hogwarts è lontana, il terrore regna ovunque e ovunque non esiste posto dove poter essere al sicuro. Dopo sette anni insieme, Harry, Ron ed Hermione abbandonano i loro amici, i loro conoscenti e le loro famiglie per intraprendere - completamente soli - la lotta contro il male. Il loro obiettivo sarà la ricerca degli Horcrux, misteriosi manufatti che racchiudono altrettanti frammenti dell'anima di Voldemort.

Giunti all'ultimo libro della saga firmata J.K. Rowling, Harry Potter e i Doni della Morte si sdoppia in due film, aumentando l'attesa dei fan e lasciando spazio ad una maggiore fedeltà descrittiva rispetto alle pagine del romanzo. Alla regia torna David Yates che, dopo i non troppo entusiasmanti esperimenti ne L'ordine della Fenice e Il Principe Mezzosangue, in quest'ultimo film affila le sua macchina da presa e conduce a giusta maturazione tutti gli aspetti della storia. Dimentichiamo l'ovattato mondo fiabesco di Hogwarts, dimentichiamo le frivole serate di gala con le prime cotte adolescenziali: nei "Doni della Morte" l'atmosfera si fa cupa, potremmo dire «autunnale» citando il critico cinematografico Adriano Ercolani. Non certo un prodotto per bambini come eravamo stati abituati. C'é morte, c'é sangue, c'é sofferenza in questo ultimo capitolo. Per il momento dimentichiamo anche i grandi saloni e le calde torri della scuola di Hogwarts: Harry e i suoi compagni vagheranno disperati, senza meta, senza alcuna protezione per la ricerca degli Horcrux, e li vedremo perdersi in freddi boschi solitari, mentre all'orizzonte la guerra incombe.

La scelta della produzione di spaccare in due la trama si rivela una strizzata d'occhio all'aspetto meramente commerciale, ma tecnicamente i tempi di questa prima parte risultano fortemente rallentati nelle parti centrali. Eppure non mancano momenti di intensa emozione, quasi del tutto legati al personaggio di Hermione, ancora una volta interpretata dalla sempre più matura Emma Watson (ancora piuttosto statici i due compagni di scena Daniel Radcliffe e Rupert Grint): la pellicola si apre con lo struggente addio della giovane strega alla sua famiglia, cancellandone memoria e ricordi, e più avanti sarà sempre lei a narrare la fantastica storia dei "tre fratelli", una fiaba che da sempre si racconta nel mondo della magia e che sarà alla base dello svolgimento della trama. Tuttavia davvero ristretto è lo spazio lasciato a tutti gli altri grandissimi attori del film: dalla breve new entry Bill Nighy (Rufus Scrimgeour) allo stravagante ma altrettanto marginale Rhys Ifans (Xenophilius Lovegood), dal fin troppo sottovalutato David Thewlis (il licantropo Remus Lupin) al tenebroso Alan Rickman (Severus Piton).

I Doni della Morte ha il suo potere in una tenebrosa atmosfera grigia di attesa, nella fantasia che mescola con grande equilibrio il mondo umano con quello della magia, nella crescita psicologica a cui sono definitivamente giunti i protagonisti. La paura della morte si unisce alle gelosie, ai fallimenti, alla materializzazione degli incubi più profondi e ricorrenti. Insomma, un ottimo prologo alla tanto attesa conclusione della saga che da anni sta monopolizzando l'orizzonte fantasy della cinematografia contemporanea.



La storia dei tre fratelli
Tratto dalle Fiabe di Beda il Bardo di J.K. Rowling

C'erano una volta tre fratelli che viaggiavano lungo una strada tortuosa e solitaria al calar del sole. Dopo qualche tempo, giunsero a un fiume troppo profondo per guadarlo e troppo pericoloso per attraversarlo a nuoto. Tuttavia erano versati nelle arti magiche, e così bastò loro agitare le bacchette per far comparire un ponte sopra le acque infide. Ne avevano percorso metà quando si trovarono il passo sbarrato da una figura incappucciata. E la Morte parlò a loro. Era arrabbiata perché tre nuove vittime l'avevano appena imbrogliata: di soliti i viaggiatori annegavano nel fiume. Ma la Morte era astuta. Finse di congratularsi con i tre fratelli per la loro magia e disse che ciascuno di loro meritava un premio per essere stato tanto abile da sfuggirle. Così il fratello maggiore, che era un uomo bellicoso, chiese una bacchetta più potente di qualunque altra al mondo: una bacchetta che facesse vincere al suo possessore ogni duello, una bacchetta degna di un mago che aveva battuto la Morte! Così la Morte si avvicinò ad un albero di sambuco sulla riva del fiume, prese un ramo e ne fece una bacchetta, che diede al fratello maggiore. Il secondo fratello, che era un uomo arrogante, decise che voleva umiliare ancora di più la Morte e chiese il potere di richiamare altri dalla morte. Così la Morte raccolse un sasso dalla riva del fiume e lo diede al secondo fratello, dicendogli che quel sasso aveva il potere di riportare in vita i morti. Infine la Morte chiese al terzo fratello, il minore, che cosa desiderava. Il fratello più giovane era il più umile e anche il più saggio dei tre, e non si fidava della Morte. Perciò chiese qualcosa che gli permettesse di andarsene senza essere seguito da lei. E la Morte, con estrema riluttanza, gli consegnò il proprio Mantello dell'Invisibilità. Poi la Morte si scansò e consentì ai tre fratelli di continuare il loro cammino, e così essi fecero, discutendo con meraviglia dell'avventura che avevano vissuto e ammirando i premi che la Morte aveva loro elargito. A tempo debito i fratelli si separarono e ognuno andò per la sua strada. Il primo fratello viaggiò per un'altra settimana o più, e quando ebbe raggiunto un lontano villaggio andò a cercare un altro mago con cui aveva da tempo una disputa. Armato della Bacchetta di Sambuco, non poté mancare di vincere il duello che seguì. Lasciò il nemico a terra, morto, ed entrò in una locanda, dove si vantò a gran voce della potente bacchetta che aveva sottratto alla Morte in persona e di come essa l'aveva reso invincibile. Quella stessa notte, un altro mago si avvicinò furtivo al giaciglio dove dormiva il primo fratello. Il ladro rubò la bacchetta e per buona misura tagliò la gola al fratello più anziano. E fu così che la Morte chiamò a sé il primo fratello. Nel frattempo, il secondo fratello era tornato a casa propria, dove viveva solo. Estrasse la pietra che aveva il potere di richiamare in vita i defunti e la girò tre volte nella mano. Con sua gioia e stupore, la figura della fanciulla che aveva sperato di sposare prima della prematura morte di lei gli apparve subito davanti. Ma era triste e fredda, separata da lui come da un velo. Anche se era tornata nel mondo dei mortali, non ne faceva veramente parte e soffriva. Alla fine il secondo fratello, reso folle dal suo disperato desiderio, si tolse la vita per potersi davvero riunire a lei. E fu così che la Morte chiamò a sé il secondo fratello. Ma sebbene la Morte avesse cercato il terzo fratello per molti anni, non riuscì mai a trovarlo. Fu solo quando ebbe raggiunto una veneranda età che il fratello più giovane si tolse infine il Mantello dell'Invisibilità e lo regalò a suo figlio. Dopodiché salutò la Morte come una vecchia amica e andò lieto con lei, da pari a pari, congedandosi da questa vita.

   

   
  

  

©2010 Ida Vinella. Le recensioni sono state pubblicate dal sito www.barlettalife.it nel 2010.

  


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