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                              Seconda visione   Recensioni, articoli, saggi sui film sul Medioevo o di "atmosfera" medievale   a c. di G. Pellecchia

(The Lord of the Rings: The Two Towers, 2002, regia di Peter Jackson)

LA SCHEDA DEL FILM

   

Quanto scritto nella recensione al primo episodio de Il signore degli anelli e nella presentazione di questa rubrica ci permettono di non soffermarci sulla struttura del film e di focalizzare l'attenzione sull'elemento caratterizzante di questo secondo episodio della trasposizione cinematografica della "Trilogia" tolkeniana: la "transizione".

"Transizione", ovvero passaggio da una condizione ad un'altra, mutazione in corso (con l'avvertenza, però, che nessuno stadio raggiunto è definitivo). Ed è utilizzando questa chiave di lettura che verrà analizzato il film.

è in questo film che la vicenda trova la sua svolta decisiva, ovvero nel tentativo fallito di impossessarsi di tutti i regni della "Terra di Mezzo" da parte di Sauron, che trova il suo culmine nell'assedio al fosso di Helm, e, per contro, nella possibilità di vittoria che la "Compagnia dell'anello" comincia ad intravedere.

è questo, dunque, l'episodio in cui gli eventi cambiano i protagonisti, in cui più evidenti sono le "debolezze umane" e, nel contempo, più esplicito è il messaggio "ecologista" di Tolkien. La resa filmica, però, è superficiale.

Peter Jackson è a suo agio quando deve seguire i binari di una tipica narrazione avventurosa, abile nell'imporre un ritmo incalzante alle vicende narrate, nella direzione generale del film (che ha carattere "arioso") e,  in particolare, di scene di notevole complessità ( ad esempio, la battaglia conclusiva). Lo spettatore, insomma, rimane, come si suol dire, saldamente attaccato alla poltrona, ed è merito non da poco.

Jackson, però, non va oltre l'abbozzo quando si tratta di dare rilievo agli stati d'animo ed alle sfumature psicologiche dei personaggi, di renderne leggibili i turbamenti che li attraversano. Ciò è particolarmente evidente per Frodo, la cui tortuosa maturazione avviene vivendo un avventura in cui è in gioco la sua vita ( e anche di più) e, soprattutto, attraverso la capacità del proprio intelletto di combattere le tentazioni del potere. Eljah Hood, che convince finché rimane nei panni dell'adolescente ingenuo, ne traduce la lotta interiore con espressioni di maniera. Lo stesso registro dell'"incertezza" avrebbe richiesto che fosse dedicata maggiore attenzione, ad esempio, al personaggio del re di Rohan, che invece segue il clichè del "re-tentenna" ed il cui infido consigliere sembra la caricatura degli shakespeariani Duca di Gloucester e Jago messi insieme.

E ancora: la storia d'amore fra Aragorn e Arwen, con i relativi temi dell'unione fra il mortale ( che sarà immortale nella leggenda) e l'immortale, della lontananza e del vagheggiamento amoroso, è rappresentata in maniera patinata, così come superficiale (e appicicaticcio) è il feeling fra la figlia del re di Rohan e Aragorn.

Infine è reso in maniera schematica Gollum, che il potere dell'anello ha ridotto ad un essere repellente e che è perennemente combattuto fra il Bene ed il Male. 

Schematica è anche la rappresentazione della critica di Tolkien alla società moderna, come anche il messaggio "ecologista". Nel primo caso, la voce fuori campo di Sauron, mentre  scorrono immagini di infernali fucine, annuncia l'avvento della nuova società industriale e ad essa vengono associati tout court il Male, il potere, gli orchi e quant'altro. Nel secondo caso, invece, si assiste all'ininterrotto lamento di uno degli degli uomini-albero sul mondo che sta cambiando (in peggio, ovviamente) ed al partecipare di tale specie, dopo non poche esitazioni e soprattutto in seguito alla devastazione di una parte della Foresta di Fangorn, alla lotta contro Sauron (e ciò che rappresenta).

   

L'«altra» recensione: di Angelo Basta

      

   

©2004 Gaetano Pellecchia

   


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