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                                      Il castello delle ombre      a cura di Vito Attolini

Le recensioni di Vito Attolini

MACBETH

di Justin Kurzel

Macbeth

Interpreti: Michael Fassbender, Marion Cotillard, Jack Reynor, David Thewlis, Elizabeth Debicki – GB-FRANCIA-USA, 2015

 

   

Ultimo di una lunghissima serie di film ispirati al grande dramma shakespeariano, ma non certo per la sua ammirevole riuscita artistica, questo Macbeth è l’opera prima di un giovane regista australiano, Justin Kurzel, il quale ha dovuto confrontarsi con le precedenti tre famose versioni cinematografiche, punti di riferimento che tornano alla mente dello spettatore di buona memoria: sono i film di Orson Welles, rappresentazione di un mondo barbarico, dominato da ambizioni primordiali; di Akira Kurosawa, potente trasposizione della storia nel Giappone medievale (Il trono di sangue), e di Roman Polanski, più rispettosa del dramma teatrale, ma inficiata dall’inadeguatezza degli attori. La trama, riassunta in una lotta per il potere grondante letteralmente sangue, ha al centro il personaggio di Macbeth, vassallo del re di Scozia. A lui tre streghe preannunciano l’imminente sua ascesa al trono: il seme malefico generatore di sventure è gettato, al resto provvede la sfrenata ambizione di Lady Macbeth, che induce il marito ad una serie di scellerate azioni che hanno inizio con l’uccisione di re Duncan. Non è che il primo anello di una catena di delitti che si concluderanno con la terribile punizione riservata al protagonista da Macduff e Malcolm, che porranno fine alla sequela di una atroce, spietata parabola.

Non senza ragione il film ha inizio con la commovente scena della sepoltura del piccolo figlio di Macbeth: una sequenza non presente nel dramma teatrale, ma che assume nel seguito del film l’evidente valore simbolico della concitata vicenda che di lì a poco avrà inizio. È una piccola, efficace deviazione rispetto al dramma e il seguito della vicenda ne amplificherà il senso, integrandosi in una più ampia visione. La celeberrima frase sulla vita
come «storia narrata da un idiota, piena di urla e di furore» ne esplicita il significato diventandone l’ideale motivo conduttore fin dalla battaglia iniziale, incipit di una storia che non è tanto o non soltanto incentrata sulla narrazione dei fatti quanto sul loro valore simbolico, come misura ed emblema del sanguinoso scontro rappresentato. Si pensi pure alla scena dell’incontro delle tre streghe nella foresta quando Macbeth fa ritorno alla sua terra dopo una vittoriosa battaglia: non già le vecchie megere dall’aspetto demoniaco delle altre versioni cinematografiche, ma tre giovani donne con un bambino, «cordiali» messaggere di un futuro gravido di sventure e delitti, causa della dannazione di Macbeth.

Altra importante «licenza» è quella relativa alla foresta che si muove e che sarà per Macbeth l’annuncio della sua fine: una foresta che, come’è noto, i film precedenti hanno rappresentato alla lettera,secondo le indicazioni del dramma: una cortina di foglie e rami che ricoprono i soldati dell’esercito in marcia verso Dunsinane dove Macbeth subirà una tremenda condanna. Il film di Kurzel risolve questa situazione con un’abbagliante luce rossa che invade lo schermo impedendo di scorgervi quanto in esso si muove. Anche questa una soluzione funzionale alla lettura del Macbeth shakespeariano proposta dal film. Il cerchio della storia si chiude, ma la violenza suggerita dai corruschi, fiammeggianti riverberi è destinata a perpetuarsi.

Michael Fassbender, un Macbeth oppresso più dal rimorso che dall’ambizione e Marion Cotillard come Lady Macbeth, gelida maschera del furore invano placato nel tardivo tentativo di mondarsi le mani dal sangue, sono gli interpreti del tutto all’altezza della tragedia.

    

LA SCHEDA DEL FILM

      

©2016 Vito Attolini; recensione pubblicata in "La Gazzetta del Mezzogiorno" del 22 gennaio 2016

      

       


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