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  testo di Daniela Gesmundo  


Le crociate

(Kingdom of Heaven)

di Ridley Scott, 2005

LA SCHEDA DEL FILM

 

 

 

   

Le crociate
Sogg.: William Monahan
Scen.: William Monahan
Fot.: John Mathieson
Mus.: Harry Gregson-Williams
Inter.:

Orlando Bloom (Baliano di Ibelin), Eva Green (Sibylla, principessa di Gerusalemme), Jeremy Irons (Tiberias, Brendan Gleeson (Reginaldo), Marton Csokas (Guido de Lusignan), Liam Neeson (Goffredo di Ibelin), Ghassan Massoud (Saladino), Edward Norton (re Baldovino), Alexander Siddig (Imad), Ulrich Thomsen (maestro templare), Eriq Ebouaney (Firuz), Jon Finch (patriarca di Gerusalemme), Nasser Memarzia, Michael Sheen.

Nazionalità: USA-Marocco, 2005
Durata: 145’
Altri titoli: Crusaders; Königreich der Himmel

 

«Sono quasi cento anni che le armate cristiane, giunte dall'Europa, hanno conquistato Gerusalemme».

Francia, 1184. In un piccolo villaggio vive Balian, un uomo umile, un maniscalco che ha da poco perso il figlioletto e la moglie, suicida per il dolore.

Sembra votato ad una vita misera, soprattutto dopo l'assassinio del prete del villaggio, ma il destino ha altro in serbo per lui.

«Un cavaliere torna in cerca di suo figlio».

è Goffredo, barone di Ibelin. Il maniscalco scopre di essere suo figlio. Insieme partono alla volta della Città Santa, con la speranza, nutrita da Balian, di poter cancellare le altrui e proprie colpe.

Del manipolo di crociati partito dalla Francia, solo Balian giunge a Gerusalemme. E qui, una volta nominato cavaliere dal padre prima del suo decesso, avvenuto in seguito ad una ferita mortale, riportata durante un’imboscata di cui erano stati vittime, il giovane deve difendere l'accesso alla Città. Per questo ardito compito può contare sulla stima e appoggio di Tiberias, consigliere del sovrano, sull'amore di Sibylla, sorella del re, nonché moglie di Guido di Lusignan, cavaliere templare e sulla fiducia dello stesso sovrano di Gerusalemme, Baldovino. Ed è al suo servizio così come al servizio degli abitanti delle terre ereditate dal padre, che egli pone la sua spada: la sua tenacia e integrità morale riusciranno a “vincere” le crudeltà e le meschinità degli uomini folli.

La vicenda è ambientata tra la seconda crociata (1147/48) e la terza (1190/92) , durante il breve periodo di pace che si concluderà nell'ottobre del 1187 con la conquista di Gerusalemme da parte del sultano Salah-ad-Din. A contendersi il tifo degli spettatori, re Baldovino da una parte, dall'altra il sultano, conosciuto dagli europei con nome di Saladino, due “sovrani illuminati” capaci di gestire difficili situazioni con correttezza e lealtà politica, anche quando a dover essere puniti sono uomini che lavorano al loro servizio. E la grandezza di re Baldovino è accentuata da una malattia, la lebbra , che lo sottopone a sofferenze indicibili, piegando alle proprie volontà il suo corpo, ma non il suo animo o la sua fede.

Dopo Il gladiatore e Blade runner, Riddley Scott sorprende il pubblico del grande schermo con il suo Kingdom of Heaven, uscito nelle sale cinematografiche nel 2005 e salutato dalla critica come «il primo film hollywoodiano post-11 settembre a fornire un'immagine non offensiva, ma anzi complessa e conciliante di un leader islamico» (F. Ferzetti, da «il Messaggero»). Eppure c'è chi afferma che nel film «quel che dà francamente fastidio è la continua allusione a fatti e situazioni del presente […] e uno stucchevole insistere sui soliti temi della pace, della tolleranza, del dialogo trattati con conformistico ossequio della political correctness» (F. Cardini, Scott alle crociate: scontro di civiltà?).

   

Il discorso fatto pronunciare da un cavaliere templare circa la religione: «Sotto la parola “religione”, ho visto la follia di fanatici di ogni denominazione, venire chiamata volontà di Dio», non è lontano da un’accusa a ciò che avviene ormai da tanto, da troppo, in questo nostro mondo. Forse è vero, l'integrità morale di Balian può risultare innaturale agli uomini moderni, abituati ormai ad un mondo in cui la malvagità sembra farla da padrone. Forse il buonismo di Scott può apparire una utopia...eppure, per dirla con le parole del celebre scrittore Gabriel Garcia Marquez : «“utopia” es una cosa que sirve a el hombre para caminar» (l'utopia è ciò che serve all'uomo per andare avanti). Ed è questo messaggio positivo che il regista vuole lanciare al suo pubblico, soprattutto a quello che non crede che questo mondo possa esser oramai migliore. Perché: «Che uomo è un uomo che non rende il mondo migliore?», come si legge sulla trave dell'umile casa del maniscalco francese. Balian ritornerà a casa solo dopo aver messo in pratica la sua massima di vita.

Ma il film vuole essere anche una riflessione realistica e disincantata sulla situazione attuale. Eppure, «se si vuole rappresentare la tolleranza come base irrinunciabile della coesistenza, come si può poi omettere così vistosamente la presenza e il ruolo degli ebrei, nella Palestina delle crociate e nel Medio Oriente di oggi?» (R. Licinio - V. Attolini, Le Crociate di Ridley Scott. Miniforum tra uno storico e un critico cinematografico). «Circa mille anni dopo, la pace nel regno dei cieli è tuttora sfuggente».

è così che Scott, dopo aver volato per tutta la durata del film sulle ali dell'utopia, si ridesta dal suo sogno.

Nel suo film, il regista inglese muove la sua pedina, Orlando Bloom, il Will Turner de La maledizione della prima luna per intenderci, su una scacchiera di sabbia e deserto, tra terre aride e oasi rigogliose, tra genti “infedeli”, ma capaci di lealtà, e cristiani meschini e pronti a sacrificare ciò in cui dicono di credere, pur di avere salva la vita. In questo modo la sua pedina, riuscirà a dare scacco matto a quel re considerato da tutti invincibile.

Non stiamo parlando del sultano, che alla fine ridarà al suo popolo la Città Santa; ci riferiamo invece alla bramosia di potere e ricchezza che tanti cristiani aveva conquistato, da quando le strade verso Gerusalemme erano state calpestate da migliaia di uomini, mossi dalla speranza di trovarvi fortuna e salvezza, sulle note di una affermazione che era già una giustificazione dei crimini di cui si sarebbero macchiati :«Uccidere un infedele non è assassinio. E’ la via al paradiso». Ma non così per il nostro eroe. Orlando Bloom-Balian tornerà alla sua umile dimora, e proprio sulle battute di un dialogo che mette in risalto la sua grande virtù e integrità, cala il sipario sulla scena: «Percorriamo questa strada per trovare Balian che fu il difensore di Gerusalemme» - «Io sono il maniscalco» - «Io sono il re di Inghilterra» - «Io sono il maniscalco».

Nel film non mancano errori storici. Ne cito qui diversi, ricordando che si tratta solo dei più evidenti: la bandiera con la mezzaluna che sventola al di sopra dell’esercito mussulmano apparirà solo nel Quattrocento con i Turchi Ottomani; il mullah, sciita, presente al fianco dell’emiro sunnita, in evidente contraddizione con la realtà storica; il vescovo qui cattolico e vile Eraclio, in realtà patriarca ortodosso di Gerusalemme.

Il film, al di là della fedele corrispondenza alla realtà storica, porta sulla scena momenti epici come quelli delle grandi e piccole battaglie, in cui azione e sentimenti tengono con il fiato sospeso gli spettatori. E offrono una ricostruzione più o meno fedele delle tecniche e armamentari bellici in uso in quello che viene convenzionalmente definito “Medioevo”. La scena dell'investitura di Balian , cosi come la successiva investitura di «tutti gli uomini in armi, o che siano in grado di brandirle», offre importanti spunti per un ulteriore approfondimento dell'argomento. Non manca nel film uno sguardo su quella fascia corrotta della Chiesa, qui impersonata dal vile e meschino vescovo di Ibelin, che non mostra il minimo tentennamento nel consigliare Balian di fuggire a cavallo dei migliori destrieri in loro possesso, incurante della terribile fine che attende i restanti abitanti. Così come facile a vacillare è la sua fede, se si tratta di difenderla con la vita: «Convertitevi all'islamismo - dice durante uno dei momenti più difficili della battaglia contro gli infedeli - e pentitevi dopo».

L’analisi di un film ambientato nel medioevo non può prescindere da alcune inevitabili considerazioni sul Medioevo stesso. Il Medioevo, come periodo storico, non è mai esistito. è una convenzione adottata per individuare un’era storica , e come tale deve esser considerata. Si potrebbe al massimo ammettere l'esistenza di tanti medioevo per dare contenuto al termine correntemente in uso. Detto questo, le considerazioni su un film “storico” medievale sono implicitamente state già rivelate: non può esser un film storico nel senso stretto del termine, ma un film che aspira alla storicità, come nel nostro caso, senza con questo voler sacrificare la creatività e il genio del regista.

«Forse, sarebbe più corretto parlare di “film in costume”, piuttosto che di “film storico”. Ciò non toglie che ogni film sia anche un prodotto storico […]nel senso che esso rappresenta l’età in cui è girato». (R. Licinio - V. Attolini, Le Crociate di Ridley Scott. Miniforum tra uno storico e un critico cinematografico).

Profonde, ma forse lontane dalla religiosità cristiana ufficiale, risultano le scene in cui si parla di Gerusalemme, descritta da Goffredo al figlio, come un regno di rettitudine, un nuovo mondo dove «non sei ciò che sei nato, ma ciò che, dentro di te, sei pronto ad essere». E come in qualsiasi altro film che si rispetti, anche Scott non manca di inserire la quasi onnipresente vicenda d'amore, i cui protagonisti, Balian e Sibilla, vivranno un amore intenso ma proibito, data la condizione di donna sposata della principessa.

   

     

       

   

©2008 Daniela Gesmundo

    

 


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